Intervista a Paolo Lucarelli sull’Alchimia
Paolo Lucarelli, torinese, é nato nel 1940 e deceduto il 13 Luglio 2005. Studioso della tradizione alchemica ed ermetica, ha collaborato a molte riviste di studi esoterici e tradizionali ed ha tradotto opere di autori alchemici. Ha curato, per le edizioni Mediterranee, la Biblioteca Ermerica (tra le tante perle, la traduzione, l`introduzione e il commento della Turba dei Filosofi di Arisleo). Ha accettato con cortesia di rispondere ad alcune domande sulla natura e sulla sopravvivenza di quell`antica e nobilissima tradizione spirituale.
IL SUO INCONTRO CON LA TRADIZIONE ERMETICA?
Quando ero bambino, ebbi una malattia molto seria e per quasi due anni rimasi praticamente confinato in casa. Fortunatamente guarii, ma – durante i lunghi periodi di immobilità, e per vincere la noia – cominciai a leggere tutto quanto trovavo a portata di mano. Mi imbattei in cose molto strane: magia, saghe nibelungiche, temi vicini all’occultismo, e andai avanti nelle letture e nello studio in modo molto casuale. Mi interessavano particolarmente l’astrologia e la magia, tematiche – direi – quasi più “normali”, nel senso che sono quelle di cui si legge maggiormente. Trovai poi nella biblioteca civica di Torino i Quaderni di Ur, una copia appartenuta a Palamidessi, con sue annotazioni,`e da lui donata alla biblioteca. Fino a vent’anni mi occupai un po` di tutte queste tematiche, poi, il giorno di un mio compleanno negli anni sessanta trovai in un angolo della Librairie française una rara copia delle Dimore Filosofali di Fulcanelli in francese e me la regalai. Non sapevo che cosa fosse ma lo lessi in una notte. Lo leggevo, non capivo nulla, ma finalmente “ero a casa”, sentivo di essere arrivato a casa. Questo primo incontro innescò immediatamente in me un’evoluzione tutta protesa al tentativo di capire tentativo che durò anni. Lessi molti altri libri, anche con difficoltà. Poi, un giorno, un amico e fratello tornato da Parigi mi disse che Canseliet era ancora vivo. Anzi, aggiunse, esisteva una rivista – Atlantis – che una volta all’anno organizzava delle agapi, e che fra qualche giorno ve ne sarebbe stata una a cui sarebbe stato presente Canseliet. Saltai su un aereo e andai a Parigi. Con molta faccia tosta, mi presentai alla riunione e, senza sapere come, finii al tavolo d’onore. Chiesi insistentemente dov’era Canseliet, ma lui purtroppo era stato poco bene e aveva dovuto declinare l’invito.
Non mi scoraggiai e chiesi come era possibile incontrarlo. Mi indicarono una signora di una certa età che lo conosceva e immediatamente mi sedetti accanto a lei e – dopo una corte spietata – riuscii a farmi invitare a casa sua per parlare del maestro. Ci andai il giorno dopo, con un amico: la signora era, fra l’altro la figlia di un famoso architetto liberty e la casa era museo nazionale. Ce la fece visitare quasi tutta, ma di Canseliet non si parlava. Dopo un`ora – eravamo ormai praticamente sulla porta – forse per prendere ancora un po` di tempo, a una domanda della signora su come ci era parsa la casa rispondemmo che, secondo noi, non ce l’aveva fatta vedere tutta: mancava una stanza. La signora si bloccò e , stranamente, cominciò a cantare una canzone medievale. Rimasi stupito, soprattutto quando aggiunse che era stata avvertita che sarebbe venuto un ospite il quale le avrebbe posto quella domanda: “Allora, domani andiamo da Canseliet ?” . E il giorno dopo ci portò da lui. Fu evidentemente l’incontro con un maestro, una cosa rara ed eccezionale. Di lì è cominciata la mia avventura, anche perché in seguito ci siamo visti molte volte…
ESISTONO DIVERSE TRADIZIONI ERMETICHE: ESTREMO – ORIENTALI, ARABE, CLASSICHE, ALESSANDRINE, EUROPEE. QUANTE E QUALI POSSONO ESSERE INDIVIDUATE?
Credo che, onestamente, ne esista solo una. Manca una storia organica e ragionata di questa tradizione. Un giorno, forse, tenterò di farla. La grande tradizione alchemica nasce, per quanto riguarda il nostro ciclo, probabilmente in Egitto, e faceva capo ad Heliopolis, dove sorgeva il Tempio principale, e resta tradizione appunto”templare”, cioè chiusa nel tempio, fino in epoca alessandrina. Ci furono tuttavia delle “uscite” da quel luogo sacro: penso ai greci che vanno in Egitto, imparano i segreti e ritornano in patria, come Diodoro Siculo o Pitagora o Timeo, maestro di Platone. Nel III secolo avanti Cristo, probabilmente per una serie di motivi che portano alla chiusura del Tempio, si comincia a scrivere, in greco, e nasce quella che noi chiamiamo la Tradizione greco-alessandrina, e che porta questo nome anche perché è costituita dalle uniche opere che ci sono rimaste e che fanno capo al famoso Manoscritto di San Marco. Tradizione greco-alessandrina che non resta solo diffusa in Egitto ma transita in area bizantina, la quale annovera tutta una serie di maestri fino al V, VI, VII secolo dopo Cristo. Con la chiusura della scuola di Atene e la fuga in Persia degli ultimi eredi della Tradizione antica, ad esempio i Nestoriani, la tradizione errnetica si sposta in Medio – Oriente. Tra l`altro proprio quando nasce l’Islam in Siria si cominciano a fare delle traduzioni – si pensi alla città di Kharran, che resta un Centro importante nella tradizione ermetica – e, sulle spade dei guerrieri dell’Islam, l’alchimia (che peraltro dall’arabo prende il suo nome) comincia a diffondersi incidentalmente in tutto il resto del mondo islamico, fra cui la Spagna.
L’alchimia ritorna in Occidente attraverso due percorsi: da una parte per la strada di Bisanzio – con la mediazione della Sicilia e di Venezia – ed ha una grande esplosione proprio a seguito della caduta di quella città. Chi fuggiva da Bisanzio si portava dietro tutto quello che la città custodiva di prezioso, anche sotto il profilo culturale e spirituale ed è curioso che, ovunque c’e un Paleologo, a Lucca, Siena, Urbino, là si crea un gruppo ermetico. Di lì probabilmente nasce la tradizione ermetica di tutti i principi rinascimentali: non ce ne uno che non abbia un laboratorio di alchimia a partire da Cosimo de’ Medici. L`altro percorso è la Spagna, con la mediazione degli arabi: le più antiche opere medievali sono tradotte dall’arabo in spagnolo e poi dallo spagnolo in latino. La Spagna è protagonista di questo fenomeno assieme alla Provenza: si pensi soprattutto alla tradizione templare, a quella catara, a quella ebraico-cabalistica che nasce, guarda caso, proprio nella Provenza del XIII secolo. E tutto un grande filone, una grande tradizione comune che ritorna in Occidente. Per quanti riguarda l’alchimia indiana, il percorso corre soprattutto a Nagarjuna, il grande maestro tibetano, e la mia idea personale – che ho discusso anche con Elemire Zolla – è che quella tradizione ermetica vada comunque ricondotta alla Persia, che a sua volta l’accolse dall’Egitto. La Cina sembra un caso a sè, ma vorrei notare come in nessuno di questi paesi dell’estremo oriente si trovi un’idea di alchimia prima dell’ era cristiana, almeno un’ idea documentata.
Resta comunque , a mio avviso, valida la tesi di una irradiazione dal grande Centro egizio dell`alchimia verso quelle regioni. Si pensi alla Via della Seta : a quei tempi c’erano comunicazioni molto più intense di quelle che immaginiamo oggi. Non sono un esperto di alchimia cinese o in diana ma, per quel che so, mi pare comunque che l’alchimia in sé costituisca una grande tradizione unitaria: non trovo differenza fra quello che insegnano Pao Po Tzu e Nagarjuna e quello che insegna Zosimo di Panopoli. Persino certe terminologie, certi concetti, certi meccanismi di tipo simbolico sono molto simili. Questo, dal punto di vista profano, potrebbe sembrare molto semplicemente l’effetto di un qualche sistema di comunicazione che ha messo in contatto questi centri. Facendo un paragone molto semplice: come le tabelline pitagoriche sono uguali dappertutto, cosi anche l’alchimia, come scienza, non può non essere uguale dappertutto: esiste comunque una tradizione unitaria.
L’ALCHIMIA E’ UNA SCIENZA DELLO SPIRITO, UNA SCIENZA DELLA MATERIA, O UNA SCIENZA DI ENTRAMBI?
In alchimia spirito e materia sono la stessa cosa. La materia è la corporificazione dello spirito, come dicevano i vecchi maestri, e lo spirito è materia spiritualizzata, o incorporea. In alchimia non si fa distinzione fra le due cose. Il famoso serpente che si morde la coda, l’Ouroboros – è proprio la rappresentazione del ciclo materia-spirito e spirito-materia che ritornano su se stessi. C’è –specialmente in Occidente, l`Occidente dopo l’ottocento, l’Occidente occultistico francese che si sviluppa attorno ad alcuni personaggi che scoprono la tradizione indiana, i Tantra ed altro, e che più tardi esprimerà Jung e la sua psicologia analitica – una corrente di pensiero che legge i testi di alchimia come allegorie o percorsi mentali ( vedi la psicoanalisi ) o ancora come percorsi di tipo yogico. Noto però con un certo divertimento che, tutte le volte che si legge Jung, ci si accorge che egli si guarda bene dal prendere in mano testi alchemici che oserei definire “duri”: l’Aurora Consurgens va molto bene perché è molto vaga, e affronta temi più filosofici che alchemici, così come va molto bene la Margarita Praetiosa di Pietro Bono perché parla della teoria alchemica. Vorrei simpaticamente sfidare uno psicoanalista Junghiano, ma anche un seguace della visione yogico-spiritualista, a tradurmi nel suo linguaggio, riga per riga, un testo operativo come il secondo volume delle “Dimore Filosofali” di Fulcanelli o, peggio ancora, la Turba dei Filosofi, o il Rosario dei Filosofi. E’ soltanto evitando in modo accurato di leggere testi di alchimia che si può parlare di alchimia spirituale.
La visione evoliana, ad esempio , è già più complessa. ll commento di Evola al “Mondo Magico de li Heroi” di Della Riviera sfiora determinati concetti che non sono erronei. Essendo la scienza alchemica la conoscenza delle regole e delle norme della Creazione – come dice la Tavola di Smeraldo: “Tutto nasce da questa Cosa per adattazione”- si può coniugare la teoria alchemica con la psicoanalisi ? Ho appena tradotto un libro che è la curiosa applicazione dell’alchimia alla fisiologia umana. Non è sbagliata l’applicazione : se “Tutto è in tutto” e tutto segue le stesse regole, anche i percorsi del processo di individuazione di Jung devono seguire le regole dell’alchimia. E questo è giusto, quello che è sbagliato è pensare che quella sia l’alchimia. Sarebbe come pensare che tutta la fisica sia il motore a scoppio: il motore a scoppio inevitabilmente segue le leggi della fisica, ma la termodinamica è qualcosa di più dell’applicazione di un motore a scoppio.
“ALCHIMIA DURA”: CHE COSA SIGNIFICA PIU’ ESATTAMENTE QUESTA ESPRESSIONE?
L’alchimia, la tradizione ermetica, oppure la Tradizione senza attributi insegnano che esiste all’interno della Creazione quello che viene chiamato lo “Spirito Universale”, l’Anima del Mondo, un Ente intelligente e attivo che è alla base di qualunque manifestazione della vita e dell’intelligenza della creazione stessa. Quando l’uomo entra in contatto con questo Ente, normalmente ne ha una visione personale, e di tipo femminile. Se si presenta, si presenta sotto forma di donna: nella tradizione occidentale è la Madonna, nella tradizione islamica hanno dovuto create Fatima, in quella indiana la Shakti. Quando c’è un incontro immaginativo con quello che i persiani chiamano “l’Angelo”, normalmente è un angelo femminile. Questo ente è alla base di qualunque manifestazione, in particolare di qualunque manifestazione che noi possiamo definire intelligente e spirituale, e comunque della vita. L’alchimia consiste nel costruire un Vaso, che nelle varie tradizioni può essere il Graal o il calderone dei Celti, un Vaso il quale sia in grado di attrarre questo Spirito Universale, di trattenerlo e di corporificarlo. Lo Spirito Universale corporificato che, a questo punto, assume la forma di un cristallo dalla particolare bellezza, è quello che tecnicamente si chiama la Pietra Filosofale. Questa è la parte – chiamiamola così – tecnica, meccanica, fisica dell’alchimia. Evidentemente questa operazione per i cristiani è una banalità, perché i sacerdoti la compiono tutte le volte che dicono messa. E’ la preparazione della messa cattolica e dell’Ostia Perfetta per la Comunione Perfetta.
La differenza è che il sacerdote lo fa in forma simbolica mentre l’alchimista lo fa sul serio. Una volta che si avesse l’Ostia Vera e Perfetta – quello che il cristianesimo chiama il Corpo e il Sangue di Cristo e che l’alchimista chiama lo Spirito Universale Corporificato o Pietra Filosofale – i tre doni dei Re Magi divengono una conseguenza necessaria: l`Oro, ed è la pietra trasmutatoria che trasforma i metalli in oro; la Mirra, cioé l’immortalità fisica, o comunque la cura di ogni malattia, la medicina universale; l’Incenso, cioé la sapienza innata, poiché se si ingerisce lo Spirito Universale si ingerisce la sapienza e si entra in contatto con il deposito stesso della Sapienza Universale. Questa è l’alchimia. Esiste anche il cammino inverso: una volta che si è corporificato, lo Spirito Universale è in grado anche di spiritualizzare la materia. Qui entrano in gioco quelle tradizioni che parlano del “Corpo di Gloria” dell’alchimista: un nuovo stato della materia che da quel momento diviene possibile…
SI PUO’ DIRE QUALCOSA SU FULCANELLI?
Si può dire molto poco, perché lui non voleva che si dicesse, anzi non vuole. Posso solo dire che era un uomo di nobile famiglia, un francese di elevatissima condizione aristocratica. Laureato in ingegneria all’Ecolepolitecnique, fin da giovane incontrò un maestro di alchimia che lo iniziò all’Arte. Ci si dedicò in particolare nella seconda metà della sua vita… In Francia c’è molta gente che sa chi era veramente Fulcanelli, nel senso che, nell’ambito delle cosiddette “quattrocento famiglie”, cioè nel mondo aristocratico francese, si sa benissimo chi era, solo che non se ne parla. E’ morto, anzi è scomparso molto tardi : aveva più di novantasette anni quando è scomparso da Parigi. Un uomo di grande cultura, che partecipava alla vita sociale. Era molto amico di Anatole France. Quest’ultimo ha scritto “La rosticceria della regina Pédauque” ispirandosi proprio alla figura di Fulcanelli, e un po’ lo descrive anche fisicamente…
ESISTE ANCHE UNA TRADIZIONE ALCHEMICA ITALIANA? CHE COSA PUO DIRCI?
Esiste certamente una tradizione alchemica italiana, che è una delle più antiche d’Europa anche perchè il percorso bizantino passa dall’ltalia e ha due poli fondamentali : uno è la Sicilia e l’altro è Venezia. Abbiamo certamente una tradizione alchemica che risale la penisola dalla Sicilia alla Calabria e oltre, con i grandi nomi di Giordano Bruno e Tommaso Campanella – ma forse si dovrebbero indagare anche Gioacchino da Fiore e frate Elia da Cortona, che era consigliere di Federico II – una grandissima tradizione che arriva fino al Rinascimento e coinvolge grandi personaggi: non c’è quasi principe, da Cosimo de’ Medici al duca di Montefeltro o agli Ubaldini che non abbia un laboratorio di alchimia. E’ una tradizione che diventa più oscura e difficile da scoprire dopo il ‘500 perché la chiesa cattolica, soprattutto con la Controriforma, diventa molto pesante nelle sue persecuzioni. L’alchimia non è mai stata ufficialmente condannata dalla Chiesa, ma quest`ultima non distingueva fra alchimisti e occultisti in generale, e comunque nell’alchimia c`è una vena panteistica o comunque eretica che alla Chiesa non poteva piacere. Se cisono alchimisti – e ci sono – dopo il ‘500 in Italia, questi si nascondono molto bene o se ne vanno all’estero. A Venezia erano più protetti e alcuni operavano in Sicilia , ma non si hanno documenti illuminanti in proposito e si resta nel campo della leggenda.
Ma l’alchimia rinasce sotto la protezione delle logge massoniche : si pensi al principe di Sansevero e alla Loggia di Napoli, a Cagliostro che, partendo dalla Sicilia, sicuramente si porta dietro qualcosa in termini di esperienza ermetica. Nell’ottocento l’alchimia si affievolisce in tutta Europa. Al di là dell’affermarsi del positivismo, c’e un generale affievolimento della Tradizione in senso lato. Fulcanelli è una bandiera – che poi sarà raccolta da Canseliet – che risveglia quanto meno la possibilità di parlare di alchimia. E d’altra parte è difficile, quasi impossibile, entrare nella via alchemica senza l’insegnamento di un maestro, e nell’ottocento, in Occidente questa catena di esperienza sembra spezzarsi. Anche oggi questa tradizione non è vivacissima : se si dovessero contare gli alchimisti in Europa, probabilmente due mani sarebbero troppe… A mio avviso, siamo al numero minimo di alchimisti mai esistito in tutta la tradizione occidentale. Ma, d’altra parte, tutto il mondo della tradizione si sta esaurendo in occidente, è come se il nostro mondo stesse chiudendo i battenti. C’è una chiusura spirituale, non mentale, che ci sta affliggendo un po’ tutti e che non è solo un problema della tradizione ermetica e dell’alchimia. Gli occidentali vanno a cercare in posti strani – dal Tibet a non so dove – quello che un tempo era nostro : ci stiamo dimenticando dei tesori che abbiamo in casa e una malattia sottile sta pervadendo il nostro mondo. Per quanto riguarda la situazione contemporanea, ci sono certamente alcuni studiosi di alchimia in Italia : anch’io ho avuto il compito di fare da trasmettitore di quello che ho ricevuto. Anche se tanta gente andava a visitarlo, Canseliet ha lasciato un numero di allievi molto piccolo. E ognuno di loro cerca di trasmettere le sue conoscenze nella sua cerchia, ma questo non è certo un fenomeno di massa. Ci sono cioè delle difficoltà oggettive e le deviazioni junghiane o yogiche sono molto comode: fare dell’alchimia sul serio, come fare della magia sul serio, come fare dell`astrologia sul serio è una cosa faticosa, mentre ce ne sono di molto più facili..
ALCHIMIA E CRISTIANESIMO: C’E STATA UNA TRADIZIONE ALCHEMICA ALL’INTERNO DEL CRISTIANESIMO?
C’è sicuramente una forte tradizione in ambito francescano, molto meno in ambito domenicano. Il primo generale dell’ordine francescano, frate Elia, era un alchimista. E sin dall`inizio il simbolismo francescano delle origini ha caratteri alchemici: determinati particolari del presepe sono tipici dell’alchimia operativa e non si giustificano senza un insegnamento alchemico. Non dimentichiamo che i francescani vanno nei paesi arabi: Raimondo Lullo va e torna, San Francesco va e torna. Scoprono probabilmente una certa tradizione alchemica islamica molto più viva e fertile che non in ambito cristiano la quale, da Fez in Marocco ai centri persiani, doveva irradiare fortemente in quel mondo. I Borgia, tanto maledetti dalla storia quanto interessanti da studiare, creano addirittura delle stanze alchemiche in Vaticano, Abbiamo anche una tradizione di papi coinvolti in ricerche alchemiche, come Giovanni XXII. Non la chiamerei “alchimia cristiana”, ma parlerei di personaggi che appartengono al Cristianesimo, anche in forma istituzionale, e che poi sono anche alchimisti: l’alchimia non è cristiana, come non è musulmana. Se poi consideriamo la povertà della liturgia e del simbolismo cristiani dei primi secoli e dopo ci caliamo nell`anno mille o ci spingiamo sino al XIII secolo considerando le cattedrali o l’agiografia dei santi, o tutto il simbolismo liturgico, vien da pensare che ci sia stato un travaso (pensiamo a tutto il travaglio della chiesa egiziana) di quella tradizione che Giordano Bruno definiva “egizia” – io direi “ermetica”- all`interno del Cristianesimo.
Fra il V e il X secolo, questo fatto trasforma e arricchisce tutta la tradizione Cattolica, più che Cristiana, e trasmette un messaggio sicuramente raccolto, ad esempio, dalla scuola di Chartres e da grandi personaggi come Guglielmo di Conches o Bernardo Silvestre, che arrivano addirittura al punto di dibattere se lo Spirito Universale – o Anima del Mondo, secondo gli alchimisti – sia lo Spirito Santo.
Una visione islamica sciita della tradizione ermetica, che diventa però anche la visione di una parte ereticale della chiesa cristiana.
La reazione dei teologi – specialmente quelli francesi della Sorbona – è molto pesante e di lì cominciano le persecuzioni: Rupescissa passa vent`anni in prigione, Ruggero Bacone è arrestato, Arnaldo da Villanova deve scappare e si salva presso Federico Il, Cecco d`Ascoli viene bruciato sul rogo. La reazione della Chiesa è durissima. Concludendo, una tradizione ermetica in ambito cristiano esiste, ma molto contrastata e nascosta e necessariamente diventa molto simbolica, molto celata. Mentre ad esempio troviamo nel sufismo iraniano una tradizione alchemica – oserei dire – alla luce del sole e senza problemi, nel mondo cristiano essa è mediata, nascosta, simboleggiata, tutta e sempre velata. L`ultima esplosione della tradizione ermetica cristiana è il movimento rosacrociano che e sicuramente è una forma cristiana di tradizione ermetica…..
ALCHIMIA E MASSONERIA: QUAL’E’ IL SUO PENSIERO?
Qui la mia posizione è molto radicale e so che non è condivisa quasi da nessuno. Io sostengo che la massoneria nasce dal movimento rosacrociano. Simbolismi massonici si trovano già in Germania nel ‘600, all`inizio del movimento rosacrociano. Noi sappiamo che nel l620 – battaglia della Montagna Bianca, con i cattolici contro gli alchimisti – questi ultimi fuggono tutti in lnghilterra dove erano i loro unici amici.
Maier e altri raggiungono Elias Ashmole, Fludd e gli alchimisti inglesi. Nel l620-1621 abbiamo i primi documenti ufficiali di pagamenti effettuati, come dicono gli inglesi, “for coming on to acception”, per entrare fra gli Accettati. Alcuni di questi documenti, fra l`altro, sono di membri che facevano parte della Corporazione operativa: il Primo Gran Sorvegliante della Gran Loggia Operativa paga cioè per entrare fra gli Accettati. Cominciano così a comparire i primi nomi dei massoni che noi definiamo “speculativi”, l’Ashmole e altri, tutti alchimisti e studiosi di antichità, e tutti fanno parte di circoli ermetici : viene da pensare che i rosacrociani tedeschi fuggano in lnghilterra e si portino appresso, appunto, il corpo della tradizione rosacrociana. Quando nascono i primi catechismi del ‘600 in Scozia, notiamo che c`è subito un grado rosacrociano o comunque un richiamo alla tradizione rosacrociana all’interno del relativo rituale massonico, rituale massonico che poi per un alchimista è trasparente in quanto appare veramente come una descrizione della Grande Opera. Non c’è dubbio che si tratti di un rituale ermetico. Il grado più importante di tutto il XVIII secolo è il grado rosacrociano e ce ne sono almeno duecento versioni diverse, che poi si consolidano nel rito di York e in quello scozzese. Tutta l’evoluzione della massoneria settecentesca si muove attorno alla tradizione ermetica, dagli Illuminati di Avignone ai riti di Cagliostro, al rito Rettificato, agli Eletti Cohen e a tutti gli altri.
Non c`erano dubbi, per un massone del `700, che la tradizione ermetica fosse parte integrante della massoneria. Ma con la Rivoluzione francese succede qualcosa: sicuramente c`è già la nefasta influenza di buona parte della massoneria inglese, che si assume il compito di salvare e preservare ma non quello di capire. Anderson è un piccolo borghese conformista, la cui morale è quella di un membro delle classi medie e che probabilmente veniva guardato con sufficienza dagli aristocratici inglesi. Nell`ottocento questa concezione dilaga: la massoneria diventa l’espressione culturale della borghesia, della media e dell’alta borghesia, ma portatrice soprattutto dei valori della media borghesia. Ci sono sì le grandi battaglie ideali, ma mi chiedo se la massoneria non se ne sia solamente appropriata. Bakunin, Buonarroti e altri sono passati dalle logge, specialmente i socialisti, ma nelle logge ci sono stati anche gli “altri”: Pinochet era un fratello, i colonnelli greci erano fratelli. Se facciamo l’elenco dei fratelli che hanno combattuto dalla parte sbagliata, inorridiamo. Non sempre la massoneria ha combattuto per quella democrazia e per quel progresso di cui ci vantiamo di essere i cultori: pensate a De Maistre, persona affascinante ma sicuramente di un conservatorismo tremendo, l’uomo più illiberale di questo mondo.
Pensiamo anche a tutta la tradizione dei principi tedeschi. E non è vero che noi abbiamo fatto la Rivoluzione francese: le logge erano piene di nobili a cui fu tagliata la testa. E la massoneria inglese che combatteva contro Napoleone, da che parte stava? Da quell’epoca si perde cioè la visione tradizionale e si entra in un gioco politico e moralistico che arriva sino a certe dubbie espressioni massoniche odierne. In America, ad esempio, la tolleranza massonica non sempre accetta la gente di colore, e viene il sospetto che essa talvolta si risolva in tolleranza, uguaglianza e fratellanza “bianche, anglosassoni e protestanti “.. . Comunque, per tornare alla tradizione ermetica, possiamo dire che nei rituali essa è rimasta, anche se molto spesso i fratelli massoni si riuniscono nelle logge, guardano i loro rituali, guardano i loro simboli e cercano di inventarsi un`identità….
UNA DOMANDA CONCLUSIVA E DI SINTESI: UN ALCHIMISTA, UN CULTORE DELLA TRADIZIONE ERMETICA, QUALI CARATTERISTICHE HA?
Non credo che esista uno stereotipo, credo però che gli uomini assomiglino un po’ tutti, soprattutto quelli più integrati, equilibrati, profanamente appagati, a una persona che stia cascando nel vuoto dal centesimo piano. A un certo punto, al quarantesimo, si apre una finestra e compare qualcuno che chiede “Come va?” e la maggior parte della gente risponde “Benissimo ! ” . Ecco, l’alchimista è invece uno che controlla il selciato a che punto è, e si pone il problema. In termini meno frivoli: un alchimista è una persona che ha due caratteristiche: la prima è che non sta bene qua. Qualunque vera via iniziatica non può partire che da un senso di disperazione e di disagio. Ma quando la disperazione arriva all’estremo, esiste la speranza, la possibilità di incontrare un maestro. La seconda caratteristica e molto più misteriosa e non saprei definirla. Quando qualcuno viene a chiedermi un insegnamento, io rispondo che non posso creare alchimisti, posso forse aiutare un’ alchimista a realizzarsi. Nessuno può fare alchimisti. E io non so che cosa sia questa cosa che c’è….
Nota di Redazione: questa intervista inedita ci è stata trasmessa dal nostro collaboratore Luca Violini, che ci ha autorizzato alla pubblicazione. Un discepolo che prosegue e perpetua l’opera di Lucarelli è Gratianus.