Sulla Magia: linee di una morfologia spirituale – Giandomenico Casalino
“Tu sei Quello!” (1)
Se l’etimologia è la scienza dell’origine delle parole e se “etimo” in greco vuol dire vero, verace, allora l’indagine propedeuticamente primaria che è necessario affrontare è quella dell’etimo della parola magia. Il suo radicale è l’indoeuropeo mag (da cui il latino magis, magnus, maximus, il greco megas, l’iranico-persiano magh, il tedesco macht); il significato vero di tutte tali derivazioni da quel radicale è uno solo: Potenza, Grandezza, Forza, creativa ed accrescitiva (il verbo tecnico del sacrificio romano è mactare che significa sia uccidere la vittima sacrificale che ingrandire, rafforzare…) quindi in greco, nel lessico aristotelico, Dýnamis che, per restare nel medesimo campo lessicale, richiama il termine Enèrgheia che è il composto di èn + ergon dove quest’ultimo termine vuol dire, in greco, “opera”. Abbiamo, pertanto, in virtù dell’esame congiuntamente etimologico e semantico, lo schema del processo spirituale che delinea, nella sua essenza, l’Azione magica: Azione Potente e Grande che si manifesta, si esteriorizza, si aliena in un’Opera nel visibile, agendo sull’Essenza di quest’ultimo ovvero su ciò che esso è nel suo Essere, che è ciò che lo fa Essere quello e non altro, quindi Azione non sull’elemento volgare, come affermavano gli alchimisti, ma su quello sottile che è la sua Verità; pertanto possiamo affermare che l’Azione magica è, nella sua sostanza spirituale, l’Agire dell’Invisibile sull’Invisibile, sarebbe a dire che la Potenza dello Spirito mosso da e unito alla Volontà; frutto della Consapevolezza di ciò che si è nel Sapere, quindi Conoscenza quale serena, cosciente e ferma esperienza della vera natura di quella Potenza, agisce, senza alcuna mediazione (assenza questa di una rilevanza fondamentale), sull’Invisibile, “esterno” solo a colui che il dualismo religioso vede e conosce ancora come “soggetto” altro dall’ “oggetto”.
La Scienza magica, invero, che, nella sua arcaicità di natura primordiale, è precedente, in senso logico cioè spirituale e non cronologico, alla Caduta religiosa e quindi dualistica di Io ed Ente, nella quale, per congiungere i due estremi della Dualità, è necessaria la mediazione cioè il medium, lo strumento per Agire sempre su quell’Invisibile che, nella fattispecie, è visto e conosciuto come Altro, strumento che è tanto il Rito quanto il Simbolo, non ha, per tale primaria ed originaria ragione, necessità alcuna della mediazione poiché è la Creazione del Mondo che si rinnova nell’eternità anche nella inconsapevolezza del Dio che la Opera. Quindi, come affermano all’unisono, Florenski, Böhme, Hegel ed Evola, per citare i più emblematici, la Magia è Azione diretta, necessaria, intensa e potente tanto da creare, modificando, plasmando, formando, secondo e per mezzo della intensa Forza del Pensiero che è anche Volontà, ciò che governa il Mondo poiché è l’Essenza dello Stesso. Essa è Scienza dell’Io, poiché è Conoscenza della vera natura del Fuoco-Sé che deve Sapere ciò che è, cioè Conoscere la sua Verità, poiché è ri-tornato ad essere Fuoco puro, Sé folgorante, in quanto alchemicamente, è tanto libero dalle catene del Sonno e governante sulla Vita- Mercurio (Solfuro di Mercurio-Rosso Cinabro) che è oltre, già nella dimensione microcosmica, ogni dualismo essendo ormai Corpo di Fuoco o Fuoco corporeo cioè tutto il suo Essere è Uno ed è Igneo, per cui può e deve, come il Dio dei Primordi, muovere dalla Mente-Corpo (Saturno-Oro) nella quale è concentrata tutta quella Potenza – Dýnamis che esce da sé medesima ed è Virtus (Vis, Virya = Forza) del Pensiero che è Idea fiammante cioè Modello di Fuoco ed è l’uscire da Sé come Natura e quindi, essendo l’Essenza della stessa, Agire su di essa: questa è se si pone mente, non solo la visione sia neoplatonica (Proclo) che di Hegel, quale immagine circolare del Tutto, ma anche la natura dell’Atto o creativo (religioso) o ordinatorio (tradizionale) di cui tutti i Miti di tutte le culture tradizionali parlano. Esse pertanto narrano ed esprimono l’Azione magica primordiale del Pensiero-Nous che fa il Mondo “dopo” che “attraverso” lo stesso quale Caos primordiale, si è divinificato cioè ha realizzato quella Opera Magna (sempre dalla radice Mag…) che è il presupposto logico e non cronologico del Tutto che senza l’Uno non è! Potenza dell’Invisibile Fuoco che imprime la Forma, l’Idea nell’Invisibile cera che è l’Anima del Mondo e dei Viventi cosicché essa è Energia = en èrgon che è nell’Opera ed è Opera, è Fare gli Animi, le coscienze, le Civiltà, è creare il Mondo. Basterebbe che solo si pensasse ciò, prendendo coscienza immediata, repentina, totale, in quanto Visione di tale eterna Verità e si rischierebbe, forse, di divenire folli, nella stessa guisa in cui Platone parla della “mania” che viene “dagli Dei e che realizza opere buone e giuste per l’uomo e le Città” proprio così si esprime il Divino ateniese, offrendoci il significato profondamente esoterico della vera Sapienza che è magica Filosofia musicale! E a cosa si riferisce Platone se non a quella Potenza che proviene dagli Dei? Ma essi intanto agiscono in quanto sono l’Agente che, nel Furor, in cui e per cui esce dall’Io, non essendo più Io ma Sé, è quella Potenza che si aliena nell’Opera.
Talché, avendo, a buon diritto, adoperato il termine latino Furor che, nel radicale si accosta al greco pýr = Fuoco, che è anche all’origine del termine purificazione = farsi Fuoco, noi possiamo, a questo punto, comprendere cosa vuol significare Evola quando definisce la costituzione spirituale romana attivo-intensiva di natura magica, quindi variante eroico-guerriera della Tradizione iniziatico-regale, filiazione diretta di quella Primordiale; vogliamo comprendere, una volta per tutte , cosa ci ha voluto esplicitare? In buona sostanza ci ha detto, in due righe, che la natura magica dello Spirito del Romano è ed appartiene al ciclo eroico-guerriero che ha un solo fine, una sola natura: la reintegrazione dello stato regale magico-sacrale (Juppiter nella Triade Arcaica è infatti la Sovranità magico-sacrale) figlio diretto di quello Primordiale; ragion per cui è lecito dedurre che il Romano, come affermava il Braccesco, essendo “forte, pistante e pistato, Ferro nobile e Marte vittorioso” è di natura Primordiale tanto da non avere alcuna necessità tecnica di mediazione in quanto, precisa sempre Evola (nel non ascolto o nella incomprensione degli astanti…!), il rapporto asciutto ed essenziale che il Romano ha è tra l’Io e il Metafisico, ed è rapporto diretto, attivo e necessario; atteso, però, il significato profondo di tutto il discorso che Evola sviluppa su questo tema, è altrettanto indubitabile che, nella dimensione esoterica, “quell’Io e il Metafisico” deve essere letto e interiorizzato cioè realizzato quale “l’Io è il Metafisico!” Ciò significa che, non sussistendo più una natura duale, ma quella reintegrata magicamente, cioè, in termini attivi ed intensivi (ed è necessario riflettere su tale termine adoperato da Evola e sul suo semantema, che esprime il significato della Forza, della Dýnamis e della sua efficacia intensiva, quale Energia che Opera, Crea…) Natura che è l’Essere quale Fuoco del Pensiero e della Parola e che è Uno, realizzando così il Mistero dell’Uno; l’Io non si aliena né si esteriorizza né è altro da Sé nell’Altro, ma è l’Altro!, è il Dio, è la Potenza delle Forze e delle intensità del Pensiero che è, a questo punto, Creatore del Mondo! E qui si palesa il senso esoterico del Diritto Arcaico Romano, su cui tanto abbiamo indagato nei nostri studi, ecco la Potenza creatrice della formula, del gesto, del nominare l’Essenza della Cosa, il suo Nome segreto che è la Cosa, da ciò segue la Potenza del possedere la Cosa medesima, poiché conoscere il Nome segreto della Cosa è conoscere la sua essenza e quindi magicamente possederla! Da ciò abbiamo dedotto la sussistenza del principio posto a fondamento della natura magica del Diritto Romano: il Romano crea la realtà visibile per effetto della sua Azione magica su quella Invisibile!
Noi sappiamo, però, e sopra lo abbiamo ribadito, che non esistono due realtà (dopo un certo percorso…!); nel senso che si conosce e si vede poiché si esperimenta, che l’Azione è solo sull’Invisibile che è Universale e si riverbera come effetti a tutti i livelli del Cosmo e, quindi, nell’Universale, cioè tanto nel microcosmo quanto nel macrocosmo, come ancora si esprimono i profani figli della cecità dualista. Su ciò si fonda la constatazione che la Magia non è una realtà dello Spirito di natura straordinaria o eccezionale quasi eccentrica (ex-centrum) nel senso che è fuori o lontana dal Centro del Circolo che è l’Uno e quindi il Principio maschio Sole quale Io Igneo reintegrato, restituito alla sua natura e funzione Primordiale, ma è, invece, la natura più naturale, nel senso e nel significato di sovrannaturale dell’uomo che è, come insegna Platone, nell’essenza Divino, e qui è necessario fare attenzione: Platone non afferma che l’uomo ha in sé “qualcosa” di Divino ma, e qui si manifesta la sua Scienza rivoluzionaria e sconvolgente nella sua semplice Verità, afferma, ribadisce e dimostra che l’Essenza, la vera Natura, ciò che in realtà l’uomo è, non è altro che Divino! Ciò vuol dire che quello che distingue e nobilita l’uomo dinanzi a tutti gli altri Viventi è che egli è Pensiero, Volontà, Sapere e quindi Spirito, egli è autentica Stella, ed è Sé Eterno che è Uno con l’Eterno del Cosmo: questa è la ragione che ha condotto, nella Caduta delle Età, all’impoverimento e alla sterilizzazione delle capacità e delle potenzialità della Mente e, quindi, di ogni ulteriore Potenza percettiva delle Forze e delle Presenze che sono la Natura e la Metanatura quanto la subnatura, delle quali lo stesso uomo, pur esse sussistendo in lui ed occultamente dominandolo, ormai nulla sa e nulla coscientemente ascolta o sente, a differenza delle capacità conoscitive ed esperienziali che l’uomo arcaico non possedeva come vestito esterno o corredo ma era nella sua primordiale essenza: gli Dei non esistono a priori per fede se non si conoscono e si conoscono solo sperimentando cioè essendo e vivendo la dimensione del Cosmo agli stessi corrispondente!
Questa è la Legge fondamentale della Scienza sacra tradizionale, come più volte abbiamo evidenziato nei nostri libri. Da qui viene tutta la necessità, non imposta da qualcuno, ma sentita come vitale per la Vita che sia conforme alla sua natura Divina, dell’Opera che è sempre Energia (en-èrgon) di “dissociazione dei misti” o di “scomposizione del composto” onde, attraverso tale Azione magica nel “proprio” (che, in verità, non è di nessuno!) composto, dallo stesso e libero dallo stesso, governandolo, emerga il Centro profondo e vero, ciò che si vede quando realmente si scende, nella solitudine, “in interiora terrae…”, dove c’è il Tutto, tutte le forze e le facoltà, i ricordi, le esperienze e le immagini simboliche, le Luci e le Tenebre, cioè quello che si suole definire, nel lessico mistico, il fondo dell’Anima, che corrisponde, nella Spirale di Stefanio e nella sua fase discendente-inspiratoria, alla lebbrosità di quella che, nella risalita-espiratoria è la Virtus solare che è la Potenza, l’impulso, il conato, affermano sia Spinoza che Hegel, cioè la decisione di essere Conoscenza e quindi di Agire che, solo per certi aspetti, ancora limitamente microcosmici, qualcuno pensa di assegnare all’Io storico-sociale, mentre la vera scaturigine di tale possibilità, quale Potenza, rimane data nella nostra appartenenza ontologica alla vita del Pensiero cosmico, essendo noi il Medesimo. E la ragione di ciò risiede proprio nella evidenza che il processo spiraliforme è il processo magico del Cosmo e, quindi, dell’uomo, quale Uscita della Potenza (Virtus solare), Creazione magica del Mondo (Energia, Opera del Pensiero che Agisce sul Caos primigenio) Ritorno quale Uno-Dio che sa di essere tale poiché ha operato la Divinificazione primordiale (Sapere che Soggetto e Oggetto sono il Due e quindi la “base”, le Forze oscure che sono evocate unitamente alla violenza che, in illo tempore [il Tempo del Mito che è la Realtà metafisica], le liberò da se stesse in una Forma superiore) che è l’Uno-Dio.
Se la Scienza dell’Io è la Potenza del Pensiero, allora l’uomo è potenzialmente Mago, poiché l’uomo è l’unico vivente che è Pensiero poiché pensa essendo pensato, ma tutto ciò non lo sa e, pertanto, non lo è: il discrimine non è credere o non credere ma Sapere o non Sapere e, quindi, Essere o non Essere … Mago, cioè il Dio!
Socrate: “Caro Fedro, non sembra anche a te, come a me, che io sia sotto l’azione di un pathos divino?”
Fedro: “Davvero sì, Socrate, diversamente dal solito ti ha preso una certa facilità di parlare”
Socrate: “Dunque fà silenzio e ascolta. In realtà questo posto sembra essere Divino…” (2).
Note:
1 – (Svetaketu (VI,8,7) Upanisad;
2 – Platone, Fedro, 238 c5-d7
Giandomenico Casalino