Ermetismo e Poesia : la via ermetica alla modernità – Umberto Bianchi
(Estratto del convegno tenuto in Roma dallo scrivente in data 11/12/2021)
Delle volte, quando si parla di Ermetismo, si ha l’apparenza di trattare un tema ben specifico, inquadrabile in un ristretto ambito culturale, che è poi quello delle “scienze iniziatiche”. Un ambito che, a detta di una stantia ufficialità culturale, dovrebbe rimanere circoscritto ad un ambito di pochi studiosi, amanti ed appassionati del settore. A ben guardare, però, le cose stanno differentemente: quello dell’Ermetismo, è un ambito che va strettamente intrecciandosi con la Storia dell’Occidente, finendo con l’influenzarne anche i più insospettabili ed apparentemente lontani, ambiti culturali. Alla base di questa considerazione, sta l’intera costruzione ideologica che ne sorregge l’impianto teoretico. Al pari di altre misteriosofiche ellenistiche (culto di Mithra in primis, sic), la sapienza ermetica, nel suo ruolo di avanzata forma di sincretismo tra religione egizia e religione ellenica, fa il paio con il concetto di magia. Questo perché, in quanto “terza via” tra l’emanazionismo di Neoplatonismo e Gnosi, da questi ultimi mutua l’aspirazione ad una risalita dell’uomo, dagli abissi della materia alle superne dimensioni uraniche.
Per far ciò, il miste, si avvale di qualsiasi forma di “techne/sapienza” che gli possa permettere di raggiungere uno scopo che, nel caso dell’Ermetismo, finisce con il perdere quello di una fideistica auto annichilazione nella sostanza ultraterrena, per assurgere alla valenza di una vera e propria tecnica di teurgica deificazione dell’iniziato medesimo. E l’unica Scienza che può far raggiungere questo scopo, è quella Sacra, per l’appunto, rappresentata dal sapere magico. Ed anche qui occorre, anzi tutto, far chiarezza su cosa qui, si intenda per magia, per evitare di ricadere nelle spire di quanto mai confuse e cialtronesche forme di illusionistici pseudo-saperi, da New Age o da occultismi da baraccone.
Per Magia si deve intendere la possibilità di far addivenire l’Essere dal Nulla, con un semplice moto di volizione interiore. Tale tecnica presuppone però, una concezione “olistica” dell’intera realtà, per cui ogni suo elemento risulta invisibilmente concatenato in un’infinita serie di reciproche interrelazioni. Pertanto, ad ogni azione, corrisponderà una reazione da parte di un corrispettivo elemento. L’intero cosmo risulta, a sua volta, permeato da un’energia che ne permea l’intera essenza. Tale energia, nell’investire la persona dell’iniziato, equivale all’uguaglianza “energia-potenza” o “magia” dalla radice iranica “mag”, il cui più visibile corrispettivo, a livello cosmico è quella luce, (in iranico “xvarenah”) che, quale fascio di energia, investe colui che predispone a ciò il proprio intero “io”, come nel caso della Vergine (dal latino “virgo/verga”, sic!) Maria, fecondata da un raggio di luce.
Ora, quella magica, non è solamente una tecnica di pura manipolazione della realtà esteriore, bensì rappresenta la capacità di far connettere il proprio “io” con tale energia, partendo proprio dalla sua più oscura dimensione, rappresentata da quel subcosciente o inconscio che, al pari del Chaòs cosmico, ne costituisce la primaria scaturigine. Pertanto, è dall’ “Io” che parte questa propensione, che fa sì che la Magia, nelle sue più preganti espressioni, finisca con l’interrelarsi indissolubilmente ad altre forme di sapere, quale appunto, nel caso in questione, la Poesia è. Essa costituisce, principalmente, creazione “ex nihilo”, di immagini e di pensieri attraverso la parola. Parimenti, al pari di tutte le arti, essa è il creare mondi nell’animo di chi ci sta di fronte, dando luogo all’Essere, unicamente attraverso il pensiero. E questo, corrisponde all’intento della Magia.
In numerose narrazioni mitopoietiche o religiose, che dir si voglia, la parola principiale, il Verbo, è ciò che fa fuoruscire l’Essere dal Nulla, creando il mondo. Così è per la teologia egizia di scuola menfita, per la quale Ptah, con la sola parola, avrebbe creato gli Dei ed il cosmo intero. In ambito classico, sarà Apollo il Dio patrocinatore della musica e della Poesia, quest’ultima intesa quale arte ispirata dalla “manìa” e da egli infusa, nei più oscuri recessi dell’animo umano. Pertanto, Poeta è “Poietès/creatore”, che proprio da quella oscura ed occulta dimensione, rappresentata da quell’ inconscio a cui abbiamo poc’anzi accennato, trae la propria ispirazione.
E qui, sarà bene dipanare tutti quei dubbi che sorgono riguardo al termine “Scienze Occulte”. Quella di una dimensione occulta o misterica che dir si voglia, oltre a costituire un dato di fatto, rappresenta una vera e propria necessità “ontologica”. Non può esistere una superiore realtà numinosa, a cui non corrisponda un fondamento oscuro, abissale. Tutte le concezioni tradizionali e le grandi narrazioni mitopoietiche, concepiscono la realtà quale compenetrazione ed equilibrio tra aspetti opposti, in nome di quella che in greco antico, viene definita quale “Ananke/Necessità”.
Pertanto, in base a quanto sinora esposto, la Poesia assume una valenza creativa, magica, intesa nel suo senso più profondo, quale possibilità di modificare i parametri fondanti della realtà, con un puro e semplice atto di Volontà, qui rappresentato dalla parola. Ed in questo, la Poesia, in veste di “mania” ispiratrice e creatrice, va misteriosamente interrelandosi con altre branche di sapere, in apparenza “laiche”, come nel caso di quella particolare esperienza poetica del Novecento che, in Italia, va sotto il nome di “ermetismo”. In autori come Ungaretti o Montale, tanto per fare degli esempi, in poche ed intense parole, in fraseggi spesso ridotti all’osso, si esprimono concetti o sentimenti, altrimenti traducibili in molto più articolate e complesse narrazioni letterarie. Anche qui, la parola va facendosi magia, ovverosia capacità di esprimere in simboli verbali interi concetti, ingenerando sensazioni e spalancando orizzonti, negli animi di chi ascolta.
La Poesia, intesa nella sua più profonda ed esoterica accezione di magia creatrice, osiridea, sempre in ambito italico, sarà appannaggio di autori appartenenti a a quel sodalizio esoterico, presente in Roma sul finire degli anni ’20 del secolo passato, chiamato Gruppo di Ur, di cui fecero, tra l’altro parte, due autori come Girolamo Comi (Gic) ed Arturo Onofri (Oso), ambedue provenienti dall’ambito culturale ed iniziatico, steineriano. Arturo Onfri (1855-1928) in particolare, sarà protagonista di un complesso percorso culturale. Inizialmente influenzato dagli scritti di Bergson e di James, andrà via via facendo sue, le tematiche legate al simbolismo di autori come Wagner ed al crepuscolarismo, in quel particolare momento, a cavallo tra la fine del 19° e l’inizio del 20° secolo. Il tutto non senza risentire dell’influenza dell’idea di una Totalità immersa in un dramma cosmico, così bene rappresentata da auotri come Goethe e Novalis. Con questi presupposti spirituali, Onofri farà sua l’istanza di incarnare in un senso sciamanico la Parola, intesa quale asse portante del Logos, espresso dal linguaggio poetico da realizzarsi nella Totalità cosmica.
Ed in questo, il Nostro fa sua e riflette appieno l’aspirazione che presiedeva l’intera azione del Gruppo di Ur, volta a modificare l’intero assetto della realtà attraverso un’azione magica, tramite le cosiddette “catene” in grado di raccogliere ed orientare le energie cosmiche, lavorando sulla dimensione dell’ “Io” e del suo inconscio, in direzione della realizzazione di un determinato scopo. In questo caso, lo scopo è rappresentato dalla volontà di far riemergere le istanze della prisca religiosità romana, di matrice politeista, in sostituzione di quella cattolico-cristiana ed il cui presupposto simbolico era rappresentato da quel regime fascista, che si era riappropriato dei simboli della romanità antica, quale il fascio littorio, in nome di un’idea decisamente “imperiale” della nazione italica e delle sue politiche.
Quale che poi, sia stato il risultato di tale azione nel breve e nel lungo termine, è argomento che, per ora, esula da questa disamina. Fondamentale è, invece, la lectio che si può trarre da quanto sinora esposto, circa la complessità di una forma di sapere, quale quella per l’appunto rappresentata dall’Ermetismo, ad oggi sottostimata nel nome di un arido scientismo d’accatto, tutto imperniato sulla legge del profitto, dimentico delle reali radici del sapere e delle sue infinite connessioni tra le sue varie espressioni.
Vincere il drago
Ma qui ti mando il grido del mio sangue
ch’agita la foresta della veglia.
Oh mio rosso cavallo…
O conscia anima angelica,
O racchiusa crisalide
il tuo guscio era un morire
della tua luce entro la notte oscura
d’un antico tuo male inconosciuto.
Or che tu stessa infrangi
la parete del tuo passato,
irromperà la morte in quel tuo chiuso
e sveglierà dal cupo del sonno antico
un angelo primevo che aprirà le sue grandi ali di fuoco,
rari all’amore che ti volle vita.
(Poesia di Arturo Onofri)
Umberto Bianchi