Frate Elia: Solvete i corpi in Acqua – Paolo Galiano ©
Per il commento al sonetto attribuito a Frate Elia ci baseremo sulla redazione del Solvete contenuta nel manoscritto Riccardiano 946 (versione trascritta dallo Zenatti in Nuove rime di alchimisti, comparsa su Il Propugnatore (nuova serie), n° 8, fasc. 21, Bologna 1891) del XV-XVI sec., che ci sembra costituire una delle forme più complete di esso, del quale qui diamo la versione secondo la scrittura originale:
Solvete e corpi in aqua, a tutti dicho,
Voi che cercate fare sole et luna,
delle due aque poi pigl[i]ate l’una,
qual più vi piace e fate quel ch’io dico.
Datela a bere a quel vostro inimicho,
senza mangiare, dicho, cosa alcuna,
e morto il troverrete riverso in pruna
dentro dal corpo del lione anticho.
E llì li fate la sua sepoltura
sì et in tal modo, che tutto si disfaccia
la polpa e ll’ossa e tutta sua iuntura.
Dell’aqua fate terra pura e netta,
della terra aqua e ll’aqua terra farete;
la pietra avrete da multiplicare.
Chi bene intenderà questo sonetto,
sarà signore di quello a chi è sugetto.
Solvete i corpi in acqua, a tutti dico,
Voi che cercate fare sole e luna
L’azione del solvere è la prima operazione da compiere: essa consiste nell’estrazione della componente animica (Mercurio) dal corpo materiale che da essa viene vitalizzato (Saturno), forza composta dal complesso non-materiale dei sentimenti, delle emozioni, dei ricordi che fanno di un individuo “quell’individuo”, ottenendo ciò che viene chiamata “acqua mercuriale” per le sue caratteristiche di fluidità ed instabilità. Per la sua posizione intermedia tra corpo e spirito l’animico, distillato alchemicamente in forma di ”acqua mercuriale”, è duplice, forza vitale allo stato di potenza libera e non indirizzata, che come un’acqua impetuosa travolge tutte le barriere, ed energia fluidica che distrugge come fuoco ardente la condizione di individualità propria di ciò che è in sé finito. Queste due “acque di Mercurio”, Mercurio d’acqua e Mercurio di fuoco (di cui abbiamo accennato in un precedente lavoro[1]) richiedono un principio di volontà cosciente che le indirizzi, che l’alchimista deve preparare con l’ascesi e la meditazione prima di intraprendere l’Opera: è un argomento che nei testi medievali non viene esplicitamente trattato, quasi fosse un fatto naturale nell’Occidente medievale che l’individuo avesse una tale preparazione indipendentemente da un indirizzo specifico, forse perché costituiva parte di una conoscenza comune alle corporazioni di arti e mestieri come alle confraternite religiose:
delle due acque poi pigliate l’una,
qual più vi piace e fate quel ch’io dico
Il Mercurio come detto è duplice: Mercurio d’acqua e Mercurio di fuoco; la prima è un’acqua che scioglie e distrugge, la seconda secca e riduce in cenere, “acqua umida” e “acqua secca”, ma in ogni caso distruttive se non controllate. Una possibile interpretazione è che l’autore intenda affermare che delle due “acque” occorre sceglierne una, secondo la modalità con cui si vuole proseguire nella via operativa secondo quelle che vengono chiamate “Via umida” e “Via secca”. Nella Via Umida l’azione si intraprende mediante un distacco della componente animica dal corporeo ottenuto con il supporto della temperanza e della progressione ascetica, ma con il rischio di perdere la centralità della coscienza del Sé come identità nel momento in cui si abbandona l’appoggio nel fisico al quale ogni individuo è abituato fin dalla sua venuta al mondo (misticismo nel senso deteriore del termine, dissoluzione del Sé in un indefinito e indeterminato Tutto). Nella Via Secca invece si agisce con una volontà cosciente purificando e potenziando le facoltà presenti nel complesso corpo-anima per giungere al distacco del principio spirituale “incarcerato” nel mondo materiale; in questa Via la difficoltà da affrontare è nell’individualità che può essere abnormemente accresciuta e dare luogo a deviazioni (titanismo) che nulla hanno a che vedere con la Via alchemica. Differente interpretazione di questa frase dà l’alchimista cinquecentesco Giovanni Bracesco nei suoi due trattati[2]: nel primo interpreta “quella che più vi piace” come l’acqua “di Venere ed Oro”, ottenuta dall’ “arsenico detto Venere”[3], cioè un’acqua in cui il principio femminile è stato già fissato dalla presenza dell’Oro, principio solare maschile, che va unita con quella di “Marte”, un’acqua di Solfo che richiede una diversa preparazione mediante “assottigliamento” e soluzione con “acqua acuta” (cioè un’acqua dissolutiva forte), nel secondo parla di due Acque che definisce sulfuree e che devono essere unite, di cui una “è l’acqua chiamata oro e uniscila con quella chiamata ferro, che è indicata [nel sonetto di Elia] come ‘il nostro nemico’ e da questa congiunzione avrai l’Acqua Mercuriale”. La lettura del testo però, a nostro avviso, non concorda con le considerazioni del Bracesco, perché si parla esplicitamente di un’acqua da “scegliere” e da “far bere” al nemico. Nella canzone Colui che sa scoprir del sole e’ raggi[4], anche questa attribuita a Frate Elia, sembra che si accenni all’esistenza di due modalità per seguire la Via alchemica:
Colui che sa scoprir del sole i raggi
che il ventre della luna tiene ascosi
farà perfetti tutti i suoi viaggi.
Ma se vuol fama aver tra i più famosi
cominci a cementar Saturno e facci
che alcuna umidità più in lui si posi.
Chi sa estrarre l’Oro solare dall’Argento della Luna è giunto alla perfezione ma ancora di più lo sarà chi si rende capace di “cementare” Saturno, cioè purificare l’Oro[5] mediante estrazione dell’“acqua” dal Piombo, forse per indicare una modalità più diretta di ingresso nella Via alchemica[6]:
Datela a bere a quel vostro nemico,
senza mangiare, dico, cosa alcuna,
e morto il troverete riverso in bruna[7]
dentro dal corpo del leone antico
Una volta estratta l’Acqua mercuriale dal corpo, di questo rimane solo il “nemico antico”, la Materia di cui è fatto ciò che appartiene al mondo fisico, che, non più nutrita da tutte le attività psichiche della forza animica che lo vitalizzava, deve essere decomposta per morire nel “leone antico”, il nome del “vaso filosofico” o “Leone verde” di cui si legge nella Septima dispositio dello Speculum alchimiae, nel quale si cuoce la materia per ottenere il latone o azoth che, attraverso le successive operazioni di decoctio, diviene Ernoch o Auropigmento e poi Kibrit (Quinta dispositio) prima di essere trasformato nel Solfo filosofale, “il nostro solfo filosofico [che] mai si troverà da solo, ma sempre si troverà insieme con sua moglie”[8]. A confermare la possibile interpretazione dell’inimicho come simbolo della Materia si legge nel Solvete del ms Magliabechiano c. 59va una variante del testo consueto a nostro parere significativa: Dantela bere al Cinghio suo nimicho, in cui il Cinghio è il cinghiale, simbolo di Saturno come Caos primordiale[9], descritto da Marziano Capella “con il capo coperto di un manto azzurrino; tendeva innanzi con la destra un drago che vomitava fiamme e che divorava la punta della propria coda [cioè un Ouroboros]… e con una corona di denti di cinghiale”[10], così come dipinto nel Salone dei Mesi del Palazzo Schifanoia:
E lì gli fate la sua sepoltura
sì ed in tal modo che tutto si disfaccia
la polpa e l’ossa e tutte le sue giunture
L’alchimista entra in contatto con la “terra”, le forze del Caos primordiale che sostanziano il mondo della materia, forze che devono essere recuperate nella forma di pura potenza perché ciò che rimane alla fine della putrefactio va conservato con cura, in quanto “non devi disprezzare la cenere, perché… alla fine il Re sarà incoronato per volontà divina con la corona rossa… Infatti il composto non si ha senza matrimonio e putrefazione, e il matrimonio è unire il sottile allo spesso, e putrefare, tritare, assare[11] e irrigare finché non siano insieme mescolati e fin quando divengano una sola cosa”[12]. La materia non è altro che la forma estrema, dura e compatta, con cui l’Ente creatore si manifesta nel mondo del molteplice prendendo forma nel mondo animale e vegetale ed infine in quello minerale: si potrebbe dire “spirito impietrato”, e come tale anch’essa va risolta nelle sue componenti (i “vermi” della figura VI del Pretiosum donum Dei) per potersi riunire alle componenti animica e spirituale:
Dell’acqua fate terra pura e netta,
della terra acqua e l’acqua terra fate
Questo triplice passaggio dal fisico all’animico e viceversa ha lo scopo di ottenere la spiritualizzazione della componente materiale e la corporeizzazione di quella animica per renderle atte all’unione con lo spirito nell’unità completa dell’Androgine, la generazione del filius flavus di cui altrove scrive Frate Elia. Seguendo la terminologia dell’Alchimia “metallica” possiamo dire che il Mercurio, acqua volatile e lunare, deve esser reso fisso mediante le proprietà del Piombo (trasformare l’acqua in terra) perché il Piombo possa iniziare la sua trasmutazione (trasformare la terra in acqua) dando al Mercurio nuove qualità che lo trasformano in una sostanza fissa, la quale deve essere nuovamente convertita in acqua per essere riunita al Piombo (trasformare l’acqua in terra), affinché si possa procedere a integrarle con il Solfo nel composto unico, la Pietra filosofale, in cui i tre minerali sono trasformati nell’Uno, e la Pietra non è più nessuno dei tre ma una Unità superiore e perfetta, processo che nell’Alchimia viene spesso rappresentato con il simbolo della trasformazione degli “sposi” [13] in Re e Regina. Come si legge nel De Alchimia attribuito ad Avicenna[14], è necessario che il Mercurio, liberato dalla corporeità del Sale, debba tornare a compenetrarsi in esso in uno scambio di potenze fisiche e sottili che permettano la trasformazione della terra in acqua e dell’acqua in terra, fissando il volatile con le proprietà di stabilità del corporeo adeguatamente rettificate e volatilizzando il fisso eliminandone tutte le scorie impermanenti, giungendo ad una trasmutazione e reintegrazione dell’individualità del soggetto su di un piano superiore per recuperare, per così dire, le componenti che fanno del soggetto “quel” soggetto, evitando il disfacimento della personalità nella dissoluzione di un ambiguo misticismo.
Alla liberazione dei principii animici e lunari che vitalizzano l’elemento corporeo, sotto il controllo di una volontà cosciente già realizzata nelle pratiche preliminari, deve seguire la loro purificazione e poi la loro riunione alla componente fisica, anch’essa trasmutata da corporea a spirituale, per preparare la palingenesi nel “corpo di gloria” con cui l’iniziato rinasce, superando la manifestazione sul piano della materia ed accedendo ad una condizione superiore mediante l’unificazione dei tre elementi, fisico animico e spirituale, in modo che “la possibilità del distacco e della resurrezione nella Vita sia assicurata[15]. Non diversa era l’antica Tradizione egizia, che nel Libro di ciò che è nell’Amduat, dava i principii di una tecnica analoga di trasmutazione nella descrizione degli eventi che si succedevano nelle dodici “Ore” notturne in cui Rȃ attraversava la Amduat per rinascere come nuovo Sole[16]. Nella Septima dispositio dello Speculum alchimiae si sottolinea come l’operazione da compiere non sia unica ma debba essere ripetuta sette volte per giungere alla perfetta purezza: “Questa è la Pietra filosofale sette[17] volte setacciata, sette elevata ovvero sublimata, sette distillata, sette soluta, sette congelata, sette incerata, sette calcinata e sette fissata”[18].
Le immagini del Pretiosum donum Dei con il loro commento illustrano il susseguirsi dei passaggi[19]: primo passaggio dalla terra dei corpi all’acqua con cui ha inizio la putrefactio, secondo passaggio dall’acqua alla terra che è nigra et feculenta e prima è sopra l’acqua, poi scende in fondo al vaso decomponendosi nella molteplicità dei vermi che diventano uno quando essi si mangiano l’un l’altro, terzo passaggio dalla terra all’acqua nella figura dell’ombra nera a cui segue la generazione del drago alato, elemento volatile che mangia le sue ali diventando fisso dando così inizio alla dealbazione. A questo punto inizia l’unione delle tre componenti: i vapori, cioè l’elemento spirituale liberato durante l’operazione, discendono nel nuovo corpo formato dall’unione di materia (terra) e anima (acqua) formando la cenere, la polvere ottenuta con la perfetta cottura, a cui segue il passaggio all’Opera al Bianco e poi al Rosso. Da notare che sui sedici versi del sonetto solo cinque sono dedicati alle operazioni finali mentre i primi undici trattano della soluzione e purificazione della sostanza, cioè dell’Opera al Nero: questo non deve meravigliare, perché la parte più difficile dell’Opera è la fase al Nero, e ciò che viene dopo è solo (in apparenza) ludus puerorum et opus mulierum. Non diversamente, nel Pretiosum donum Dei su dodici tavole otto sviluppano i successivi passaggi dell’Opera al Nero e solo le ultime tre riguardano l’unione della Terra e dell’Acqua e le successive fasi al Bianco e al Rosso:
la pietra avrete da moltiplicare
Il significato di quest’ultima azione della Pietra non è chiaro: perché ottenere altre Pietre aventi le stesse proprietà della prima? Una possibile interpretazione potrebbe esser data alla luce della spiritualità francescana, che ovviamente doveva essere propria a Frate Elia, cioè quello spirito di fraternità dell’Ordine per cui si doveva venire in aiuto a quanti ne avessero bisogno, che in questo caso specifico potrebbe essere inteso come l’aiuto dato dal magister che ha compiuto la via alchemica (il lapis rubeus) ai discepoli che lo seguono (le 60 once di lapis rubeus ottenute con la > multiplicatio).Quando si sia realizzata la perfetta unione delle tre componenti nell’Unità si giunge all’ultima fase dell’Opera alchemica, che è la multiplicatio, il procedimento alchemico con il quale la Pietra ha la capacità di realizzare due diverse azioni, come specifica Frate Elia nel Vademecum[20]: trasmutare i corpi imperfetti in oro se messa in contatto con essi (“Avrai una Pietra rossa, della quale se ne porrai 1 oncia sopra 70 di piombo liquefatto al fuoco avrai in un’ora 60 once di sole puro [cioè oro] ed ottimo ad ogni esame”) ma anche produrre Pietre eguali alla prima (“Se in essa (Pietra) soluta porrai piombo con facilità si otterrà sole, subito cioè si congelerà, della quale congelazione (una volta) polverizzata se ne metterai con fuoco lento 1 oncia sopra 70 di mercurio vivo e rosso e poi soluto avrai 60 once della Pietra sopradetta, che supererà ogni esame”):
Chi bene intenderà questo sonetto,
sarà signor di quello a cui è soggetto.
Il significato degli ultimi due versi è chiaro: chi comprende (e realizza) quanto è scritto nel sonetto domina la corporeità che imprigiona anima e spirito e ne diventa il padrone e non più lo schiavo (come già detto, questa è una chiusa che si trova anche in altri componimenti e non può essere considerata specifica del Solvete).
CODICI CONTENENTI IL SONETTO SOLVETE
(con attribuzione secondo il testo originale)
1. Vaticano ms Reg. Lat. 1415, due versi, anonimo – sec. XVII
2. Idem ms Pal. Lat. 1332, in latino, quattro versi, Arnaldo da Villanova – prima metà del sec. XV
3. Idem ms Patetta 233, Elia – sec. XVI
4. Idem ms Patetta 781, Elia – sec. XVII
5. Assisi Fondo moderno ms 19, Elia – sec. XVI
6. Bologna ms A 2162 anonimo – sec. XVII
7. Firenze Biblioteca Nazionale Centrale ms Palat. 1032 (948-21, 3), Cecco d’Ascoli – fine del sec. XVI
8. Idem ms Palat. 1032 (948-21, 3), anonimo – fine del sec. XVI
9. Idem ms Magliabechiano II III 308, Elia – sec. XVI
10. Idem ms Magliabechiano II III 308, anonimo – sec. XVI
11. Firenze Biblioteca Riccardiana ms Ricc. 689, anonimo – sec. XVI
12. Idem ms Ricc. 946, anonimo – sec. XV-XVI sec.
13. Idem ms Ricc. 984, anonimo – sec. XVI
14. Milano Biblioteca Ambrosiana ms P 2412 sup., attribuito dal Catalogo ad Elia – prob. sec. XV
15. Napoli Biblioteca Nazionale Vittorio Emanuele II ms VIII G 70, Elia – sec. XVII
16. Napoli Biblioteca Camillo Minieri-Ricci ms 92, anonimo – sec. XVII
17. Ravenna Biblioteca Classense ms LVII, anonimo – sec. XVII
18. Roma Biblioteca dell’Accademia dei Lincei e Corsiniana ms Arch. Linc.Cors. 29, in latino, anonimo – 1596
19. Roma Biblioteca Gregoriana, Archivio storico della Pontificia Università Gregoriana, Fondo Curia ms F.C. 2193, Elia – tra il 1551 e il 1650
20. Siena Biblioteca Comunale degli Intronati ms L X 29, Elia – sec. XV-XVI
21. Torino Biblioteca Nazionale Universitaria ms G.VI.20, anonimo – sec. XV
22. Amsterdam Biblioteca Philosophica Hermetica ms M 159, anonimo – sec. XVIII
23. Leida Bibliotheken Universiteit ms VCF 17, anonimo – sec, XVI
24. Londra British Library ms Arundel 342, anonimo – sec. XVI
25. Idem ms Additional 10764, Arnaldo da Villanova – sec. XV
26. Londra Victoria and Albert Museum Library ms Al. 1496/1893, Arnaldo da Villanova –tra il 1476 e il 1479
27. Montpellier Bibliothèque de la Faculté de médecine ms H 493, Dante Alighieri – 1459
28. Yale University (Connecticut), Beinecke Rare Book and Manuscript Library ms Mellon 35, anonimo – circa 1550
Note:
[1] GALIANO Lo Speculum alchimiae cit., dove abbiamo dato alcune indicazioni su di una delle possibili esposizioni dell’Opera alchemica a pp.5-17.
[2] BRACESCO La esposizione cit. p. 39 e BRACESCO Lignum vitae in GRATAROLO Alchemiae, quam vocant, cit. pp. 52-53. In ambedue i testi vengono commentate le prime linee, riportate in forma anonima, del Solvete di Frate Elia e del Chi solvere non sa di Cecco d’Ascoli: l’interlocutore, che nel primo testo è Demogorgone che viene istruito da Geber e nel secondo un anonimo discepolo di Raimondo Lullo, dice che “già da tempo desideravo comprendere questi due carmi italici”, confermando la loro origine in Italia e la loro importanza e diffusione tra gli alchimisti.
[3] “Arsenico” per Geber è principio femminile mentre EVOLA La tradizione ermetica, Bari 1938 p. 45, lo dice maschile poiché deriva dal greco arsenikòs, “maschile”.
[4] Dal ms Magliabechiano II III 308 c. 59vb.
[5] Così SALOMON LE DOUX Dictionaire hermetique, Paris 1595, s. v.
[6] In un testo egiziano del XIII-XIV sec. a. C., il Libro di ciò che è nell’Amduat, si parla nella Undicesima Ora di due vie per la rigenerazione dell’iniziato come Râ-Sole, la via che passa attraverso il mondo delle stelle (Amduat non è il mondo infero e sotterraneo poiché si scrive in geroglifico con il simbolo seba, la stella) ed una seconda via, a cui solo si accenna, correlata con la Dèa Neith: “(Le due Dèe) sorvegliano la sacra via di Sais, sconosciuta, invisibile e indistinguibile”, dove Sais è la città posta sotto la protezione di Neith, la divinità femminile guerriera che ha per simbolo due frecce incrociate (si veda GALIANO La via iniziatica dei Faraoni, Roma 20162, p. 108).
[7] Il termine “in bruna” ha il significato di “morto”, come scritto in precedenza.
[8] Ms C.2.567 c. 10r della Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze (in GALIANO La sacra arte dell’Alchimia, Roma 2018). La “moglie” del Solfo è il Mercurio, in quanto i due sono assimilati dagli alchimisti al principio maschile attivo e al principio femminile passivo dalla cui unione nasce il figlio “biondo”, cioè l’Oro. Frate Elia nel Vademecum nell’interpretazione di un’allegoria attribuita all’alchimista bizantino Archelao dà una versione in apparenza differente, in cui il maschile è rappresentato dal Lapis filosofico e il femminile dal Piombo: “Il servo rubicondo prese una moglie nera e posti in una fossa e condotti nell’inferno diedero alla luce un figlio biondo. Da qui appare abbastanza (chiaramente) che il servo rubicondo è la Pietra sopraddetta, la moglie nera è il piombo, la fossa è il vaso [in cui avviene l’operazione], l’inferno il fuoco, e il figlio biondo che dai predetti discende è il Sole” (ms 104 c. 244r della Biblioteca Universitaria di Bologna).
[9] RIVIÉRE P. Alchimia e spagiria, Roma 2000 p. 81.
[10] MARZIANO CAPELLA Le nozze di Filologia e Mercurio, Milano 2001, rispettivamente libro I §70 e libro II § 197. Così lo disegna Cartari nel Delle imagini delli Dèi de gli antichi, Venezia 1697 pp. 18-19, probabile fonte di ispirazione per l’autore dell’affresco del Salone dei Mesi del Palazzo Schifanoia di Ferrara (dipinti circa nel 1470 – VISSER TRAVAGLI Il Palazzo Schifanoia a Ferrara, Milano 1994 p. 51), nel quale in Aprile, mese della rinascita di cui è regina Venere ai cui piedi è dipinto un Marte in catene, è raffigurato un uomo che ha per denti le zanne di un cinghiale, la cui pelle è di colore nero col capo coperto da un velo e porta un drago nella mano destra.
[11] Assatio è il termine alchemico adoperato per la riduzione in cenere delle sostanze minerali.
[12] Pseudo-AVICENNA De alchimia cap. VI, De modo sublimationis Terrae (MANGET Bibliotheca chemica curiosa, 1702, p. 631).
[13] Così ad esempio si legge in un poema alchemico del 1464, Est quidam miles, in cui il miles e la sua mulier divengono il rex e la regina (si veda GALIANO Lo Speculum alchimiae cit. pp. 84-86).
[14] Si veda quanto scritto con maggior completezza nel capitolo L’opera alchemica in GALIANO Lo Speculum alchimiae cit. pp. 13-15.
[15] EVOLA La tradizione ermetica cit. p. 127.
[16] Si vedano sull’argomento DE RACHEWILTZ Il Libro egizio dei Morti, Roma 1959, e GALIANO La via iniziatica dei Faraoni cit.
[17] Sette anche perché la materia da cui si ottiene la Pietra deve essere trattata sotto i sette segni zodiacali dal Capricorno al Cancro.
[18] In una citazione a nome di Arnaldo da Villanova riportata nel Pretiosum donum Dei a commento della Figura 10 si prescrive invece di ripetere queste operazioni per quattro volte (si veda GALIANO Il Pretiosum donum Dei cit. p. 101).
[19] Le immagini originali del Donum Dei si possono studiare in GALIANO Il Pretiosum donum Dei cit.
[20] FRATE ELIA Vademecum, ms Pal. Lat. 1332 della Biblioteca Apostolica Vaticana c. 17va (la trascrizione e la traduzione del trattato integrale saranno oggetto di una nostra prossima pubblicazione).
Questo articolo costituisce la seconda parte di uno studio di Galiano sul sonetto Solvete i corpi in acqua attribuito a Frate Elia, Generale dell’Ordine francescano e tra i primi alchimisti europei. I due articoli, contenenti l’analisi strutturale e il commento al sonetto, sono stati pubblicati sul sito di Simmetria (http://www.simmetria.org/sezione-articoli/articoli-alfabetico/82-simbolismo-alchimia-ermetismo/1088-il-sonetto-solvete-i-corpi-di-frate-elia-parte-prima-di-p-galiano e http://www.simmetria.org/sezione-articoli/articoli-alfabetico/82-simbolismo-alchimia-ermetismo/1089-il-sonetto-solvete-i-corpi-di-frate-elia-parte-seconda-di-p-galiano).
Paolo Galiano